SAND per valutare i disturbi afasici nella neurodegenerazione

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 10 giugno 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La tradizione italiana nel campo della neuropsicologia non ha bisogno di essere ricordata, e il contributo alla diagnostica dell’afasia ha antecedenti di grande rilievo - basti citare il Test dei Gettoni di Ennio De Renzi e colleghi o la batteria di Gabriele Miceli e colleghi - per questo non meraviglia che uno strumento importante per l’accertamento di disturbi acquisiti del linguaggio causati da neurodegenerazione sia il prodotto della collaborazione di istituti clinici e sperimentali italiani. La valutazione delle abilità legate alla sfera della comunicazione verbale ha un’importanza fondamentale nella diagnosi clinica delle malattie neurodegenerative e, in particolare, nel caso dell’afasia progressiva primaria (PPA, da primary progressive aphasia)[1]. Uno studio condotto da Eleonora Catricalà e colleghi ha verificato la validità di SAND, una batteria di nove test finalizzati alla verifica di altrettante abilità di comprensione ed esecuzione, che ha dimostrato sensibilità di rilievo in una forma concisa che ben si presta alle esigenze della verifica clinica nel sospetto di PPA.

(Catricalà E., et al., SAND: a Screening for Aphasia in Neurodegeneration. Development and normative data. Neurological Sciences Epub ahead of print doi: 10.1007/s10072-017-3001-y, Jun 4, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: NEtS, Scuola Universitaria Superiore IUSS-Pavia, Pavia (Italia); Università Vita-Salute San Raffaele, Milano (Italia); NEUROFARBA - Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino, Università di Firenze, Firenze (Italia); Unità di Malattie Neurodegenerative, Dipartimento di Medicina di Base, Neuroscienze e Organi di Senso, Università di Bari Aldo Moro, Bari (Italia); Unità di Neurologia, Dipartimento di Scienze cliniche e Sperimentali, Università di Brescia, Brescia (Italia); SBSC – Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche, Università di Firenze, Firenze (Italia); Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Salerno, Fisciano (Italia); IRCCS S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia (Italia); Neuroscience Research Centre, St. George’s-University of London, London (Regno Unito).

In neuropsicologia clinica, il principale riferimento per la PPA è rappresentato da uno studio condotto da Gorno-Tempini del Memory and Aging Center di San Francisco con numerosi collaboratori[2]. Questo lavoro fornisce una classificazione della PPA e delle sue tre principali varianti allo scopo di migliorare l’uniformità metodologica nella descrizione dei casi e l’affidabilità dei risultati: un gruppo di studio internazionale sulla PPA ha sviluppato i criteri per le tre varianti: a) PPA nonfluente/agrammatica; b) PPA semantica; c) PPA logopenica. Il gruppo di studiosi si è riunito in tre occasioni per analizzare e rielaborare le descrizioni cliniche dei sub-tipi pubblicate in precedenza. Il lavoro fornisce esempi pratici su come si deve procedere dopo la diagnosi di PPA, per l’individuazione delle varianti e la definizione dei sub-tipi; propone poi delle raccomandazioni operative, approvate da un numero considerevole di esperti di questo settore di studi[3].

Eleonora Catricalà e colleghi hanno preso le mosse proprio da questo lavoro per elaborare la loro batteria per lo screening della PPA.

Lo sviluppo di un valido strumento per rilevare e seguire la progressiva perdita di abilità nell’ambito delle strumentalità cognitive è un lavoro di notevole importanza, sia per la diagnostica della condizione neurologica che l’ha causata, sia per una prima definizione del profilo afasiologico finalizzato alla programmazione di un iter specifico a supporto del trattamento riabilitativo.

I criteri diagnostici correntemente adottati identificano 3 principali varianti sulla base di elementi clinici e della configurazione dell’atrofia cerebrale. Attualmente non esistono strumenti generalmente accettati per diagnosticare, classificare clinicamente e seguire nel tempo l’evolversi degli eterogenei profili delle funzioni linguistiche presentate dalle persone affette da PPA.

La batteria di screening realizzata dai neuropsicologi italiani si compone di 9 test:

1)      Denominazione di figure

2)      Comprensione di parole

3)      Comprensione di frasi

4)      Ripetizione di parole

5)      Ripetizione di frasi

6)      Lettura

7)      Associazione semantica

8)      Scrittura

9)      Descrizione di figure

 

I test sono stati realizzati seguendo le raccomandazioni delle linee-guida diagnostiche correnti e tenendo conto dei risultati della ricerca in questo campo. Tutti i compiti sono stati concepiti e sviluppati considerando i fattori psicolinguistici che possono influenzare la prestazione, allo scopo di ottenere un’elevata sensibilità di rilievo dei deficit per i quali ciascun test è stato ideato, e per consentire l’identificazione dei selettivi e caratteristici difetti di ciascuna variante di PPA.

In questo studio, Catricalà e colleghi hanno fornito dati normativi su 134 soggetti italiani raccolti attraverso sub-gruppi omogenei per età, sesso e grado di istruzione. Sebbene sia auspicabile l’impiego di questa batteria in altre centinaia di pazienti di provenienza diversa e varia per ottenere elementi più certi e definiti - e magari SAND stesso potrà essere migliorato - quanto emerso da questo studio rappresenta un passo verso un conciso esame standard multilingue delle funzioni comunicative verbali, uno strumento rapido e semplice per supportare i clinici nella diagnosi e i ricercatori nell’approfondire la conoscenza della PPA.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

Roberto Colonna

BM&L-10 giugno 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si è scelto di tradurre letteralmente la definizione in lingua inglese, seguendo l’esatta successione inversa dell’aggettivazione; molti autori italiani preferiscono invece la forma afasia primaria progressiva. Naturalmente, si tratta di forme linguistiche equivalenti riferite allo stesso disturbo.

[2] Gorno-Tempini M. L., et al. Classification of primary progressive aphasia and its variants. Neurology 76 (11): 1006-1014, 2011.

[3] La validazione dei nuovi criteri per quanto riguarda la diagnostica per immagini è stata oggetto di uno specifico studio: Bisenius S., et al. Validating new diagnostic imaging criteria for primary progressive aphasia via anatomical likelihood estimation meta-analyses. Eur J Neurol. 23 (4): 704-712, 2016.